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La tentazione del tornare indietro

E poi, ai primi di maggio, di una primavera oscillante, siamo usciti dalla quarantena, ansiosi di occupare di nuovo le strade e le piazze, e allo stesso tempo impauriti dal trovarci insieme nelle strade e nelle piazze. Incerti, soprattutto, su come guardare il mondo e la storia e su cosa aspettarci, sulle speranze da avere. 

Non c’è dubbio che questo tempo di pandemia abbia sollecitato le nostre emozioni oltre ai nostri pensieri e che l’influenza delle une e degli altri determini ora le scelte dei singoli e  le opzioni dei decisori politici. 

Da un lato tornare a prima dell’epidemia, recuperare la vita di sempre, l’economia di sempre, sembra ad alcuni la via più logica, l’obiettivo più immediato, quello più opportuno da perseguire in questa fase due, cui seguirà una fase tre, e così via. Al capo opposto c’è la tensione di quanti, invece, non vogliono tornare al ‘prima del virus’ convinti che il covid19 abbia preso il sopravvento a causa della nostra condotta sconsiderata, dell’oltraggio alla natura portato dai nostri sistemi di produzione industriale, dalle colture intensive, dall’inquinamento. E se i primi aspirano alla ripresa di tutto com’era, a rotta di collo, senza freni, sperando di ripristinare al più presto livelli di benessere paragonabili a quelli perduti, i secondi inneggiano a una decrescita forse felice, al rallentamento, a un certo pauperismo. Entrambi gli estremi che ho tratteggiato implicano uno sguardo al passato a tratti ingenuo, frutto dell’angoscia per il futuro incerto. Il passato recente del mondo pre-crisi, che vorremmo recuperare subito; o il passato mitico, indeterminato nel quando, del tempo in cui minore era l’inquinamento, memo convulso il traffico, minore la produzione di beni, limitati i consumi.  

Non temo di essere banale nel pensare che deve esistere una terza via, e che dobbiamo trovare le idee e le parole per pensarla e praticarla. Dovremmo recuperare al lessico del post-pandemia il verbo progredire, parola satellite dell’idea di progresso, più utile forse dell’abusata categoria — soccorre una piccola monografia di Aldo Schiavone intitolata Progresso, uscita proprio in questi giorni presso il Mulino.  

Progredire significa procedere migliorando, evolvere, considerando come tali gli errori, a volte numerosi, che gli esseri umani commettono, senza cedere all’idea che si tratti di effetti necessari della tecnologia e della scienza. Significa individuare i limiti e gli errori, porvi rimedio, creare le condizioni perché non si verifichino di nuovo. E per far questo generare più sapere, più conoscenza, più sviluppo tecnologico.

Siamo all’uscita di un decreto che dovrebbe inquadrare questa complessa fase di Rilancio, come reca nel nome, appunto, il corposo complesso di regole. A bene guardare ci sono molte delle cose necessarie a sanare almeno in parte le ferite inferte dalla pandemia: c’è un buon esercizio di tattica del post-emergenza. Ma c’è un’assenza assordante: una visione strategica che tenga insieme tutto il buono del prima e del dopo virus offrendo un quadro che, a partire da una situazione senz’altro difficile, dia speranza e inciti tutti i cittadini a dare il meglio di sé. Perché non è vero che non abbiamo di che sperare. 

Il primo segno chiaro di questo vuoto è la mancanza di qualunque riflessione positiva sulla scuola e sulla sua ripresa: come se formare i cittadini e custodirne il futuro non fosse il nerbo dl qualunque ripresa per il paese. 

E poi due esempi: la sostenibilità ambientale e l’innovazione dei processi organizzativi. Bene per gli eco bonus e per il contributo alla mobilità sostenibile: sostengono un’edilizia consapevole e riportano le persone nelle città, senza scivolare all’indietro nel caos del traffico di auto private. Bene le regole sul lavoro a distanza, ma c‘è ancora poco su semplificazione e alleggerimento burocratico, e manca, soprattutto, una strategia decisa sul fronte dell’innovazione tecnologica, che potrebbe essere anche la chiave della soluzione di tanti problemi sanitari.

Un grande sforzo che ha però il sapore di un’occasione perduta perché ‘indietro’, ‘prima’, sono tentazioni frutto della paura. Il futuro è possibile soltanto davanti a noi, facendo meglio di prima, imparando dal passato per poi separarsene. Il Comune di Firenze sta facendo così.