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Giornata contro la violenza sulle donne, il dipinto ‘Giuditta che decapita Oloferne’ dagli Uffizi a Palazzo Vecchio

Con l’attrice Patrizia Zappa Mulas che ha messo in scena gli atti del processo che vide coinvolta come vittima di violenza carnale Artemisia Gentileschi e con l’esposizione in Sala dei Gigli del dipinto ‘Giuditta che decapita Oloferne’ si è aperta a Palazzo Vecchio la celebrazione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, alla quale il Comune ha aderito con il progetto ‘Florence for Women’ (F4W) lanciato due anni fa dall’assessorato alle Pari opportunità guidato da Sara Funaro. All’iniziativa hanno partecipato il sindaco Dario Nardella, l’assessore alle Pari opportunità Sara Funaro, la vicesindaca Cristina Giachi e il direttore della Galleria degli Uffizi Eike Schmidt. Presente anche lo storico dell’arte Sergio Risaliti, che ha seguito il progetto del trasferimento dell’opera dalla Galleria degli Uffizi a Palazzo Vecchio.
Ad assistere al processo messo in scena dall’attrice teatrale, che si concluse con la drammatica umiliazione di Artemisia e molte volte citato come caso emblematico della violenza e dei soprusi fisici e morali a cui sono state sottoposte per secoli le donne, erano presenti i ragazzi delle classi quarte e quinte di alcuni istituti superiori fiorentini (Peano, Galileo, Russell Newton, Cellini, Porta Romana), che alla fine dell’iniziativa hanno potuto ammirare il dipinto raffigurante Giuditta che decapita Oloferne e visitare il Museo di Palazzo Vecchio.
“Proprio ieri a Seveso, in Brianza, si è consumato un altro femminicidio, alla vigilia della Giornata contro la violenza sulle donne – ha affermato il sindaco Nardella -: queste sono scene da Medioevo più profondo e non dobbiamo mai smettere di denunciarle ogni giorno dell’anno, ricordando che la violenza contro le donne avviene in ogni ceto sociale, in ogni regione d’Italia spesso dentro le mura apparentemente tranquille di casa. Questa è la prima casa di morte del genere femminile del nostro Paese – ha continuato -: una donna su tre in Italia ha dichiarato di essere stata almeno una volta trattata con violenza da un uomo. Oggi, noi stiamo vivendo una profonda crisi e non dobbiamo lasciare gli uomini soli perché credo che gli uomini non vadano solo condannati, ma anche aiutati ad affrontare un cambiamento sociale. Fino a poco tempo fa il delitto contro le donne era considerato delitto d’onore: questo è il sintomo di un modello sociale che non esiste più ma, purtroppo, è rimasto nelle teste degli uomini che non si vogliono sentire dire di no da una donna e che di fronte ad un no reagiscono con violenza. Questo fenomeno è abominevole e dobbiamo combatterlo ogni giorno. Per fortuna a Firenze delle esperienze molto belle e valide – ha concluso il sindaco – come il Centro antiviolenza Artemisia, che gestisce due case rifugio per l’ospitalità di donne sole o con figli minori, e il Centro Dafne, solo per citarne alcune. Luoghi dove donne anche molto giovani possono trovare un rifugio e una protezione di fronte alle minacce e alle violenze subite, e dove possono uscire dall’omertà. Purtroppo molte donne quasi si colpevolizzano, accettando la violenza dei loro uomini, quasi considerandosi loro stesse responsabili di questa sopraffazione. Non va bene. Queste donne devono trovare il coraggio di denunciare e non devono mai sottovalutare niente, minacce, offese verbali. Il rispetto per l’altro è la cosa principale e dipende anche da noi. Sono fiducioso che i nostri ragazzi possano aiutarci a recuperare il rispetto verso l’altro”.
“L’iniziativa di oggi nasce dall’idea di aderire alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne non solo attraverso convegni e iniziative di sensibilizzazione sul territorio che sono fondamentali – ha detto l’assessore Funaro -, ma cercando di mandare un messaggio più forte sul tema attraverso l’arte e il teatro perché siamo sicuri che attraverso le varie forme di espressione culturale possa arrivare un messaggio ancora più potente per sensibilizzare i cittadini. Chi meglio dei ragazzi delle scuole, che sono nell’età giusta per accogliere questo messaggio, può farsi portatore di messaggi positivi per il futuro?”.
“Non è giusto che le ragazze siano tenute in una condizione di minorità – ha detto la vicesindaca Giachi -. Noi dobbiamo fare in modo che il nostro Paese, che la comunità che noi siamo, usi tutte le energie che ha e le usi al meglio: gli uomini e le donne sono due motori della nostra crescita civile e del nostro star bene. Se uno di questi due motori è tenuto al minimo perché c’è lo spettro della violenza o uno stereotipo di minorità questo motore non va bene ed è un male per tutti. Quella di oggi non è una Giornata di celebrazione ma deve essere un nostro impegno per tutto l’anno”.
Per tre giorni, da oggi fino a domenica, nel percorso museale di Palazzo Vecchio sarà possibile ammirare l’olio su tela ‘Giuditta che decapita Oloferne’ di Artemisia Gentileschi (1620 ca.). Il dipinto è esposto in Sala dei Gigli, di fronte alla statua in bronzo ‘Giuditta e Oloferne’ realizzata da Donatello tra il 1457 e il 1464, dando vita così a un dialogo ideale tra le due opere che raffigurano lo stesso soggetto.
Provenienti entrambe dalle collezioni medicee, commissionate da Piero de’ Medici e dal Granduca Cosimo II, le due opere si soffermano sul momento più violento del racconto biblico, l’attimo cruciale in cui la giovane donna sferra il colpo mortale, creando scene di forte impatto emotivo. Il tema dell’eroina ebrea, modello di virtù e coraggio, che riscatta il suo popolo uccidendo il generale assiro Oloferne, si arricchisce in entrambe le versioni di significati ulteriori. La ‘Giuditta e Oloferne’ di Donatello assume una valenza politica, quando nel 1495, a seguito della cacciata dei Medici, viene esposta sull’arengario di Palazzo Vecchio, quale simbolo di libertà repubblicana. Nella versione di Artemisia Gentileschi è invece possibile leggere riferimenti più strettamente personali. Difficile non mettere in relazione la brutalità della scena con la violenza sessuale subìta dall’artista nel 1611 da parte del pittore Agostino Tassi, amico del padre Orazio Gentileschi e suo maestro di disegno. La determinazione di Giuditta rimanda a quella di Artemisia, che, a seguito della denuncia presentata dal padre, coraggiosamente affronta il lungo processo che si conclude con la condanna del suo violentatore. Negli anni l’opera è stata riletta da una parte della critica in chiave psicologica, divenendo simbolo di accusa e di riscatto in nome di tutte le donne vittime di violenze.
L’allestimento dell’opera in Palazzo Vecchio è stata possibile grazie al contributo degli sponsor tecnici: Arterìa ha curato il trasporto dell’opera e la realizzazione del pannello su cui sarà esposta, finemente rivestito poi dalla ditta StandStudio srl; il progetto illuminotecnico è a cura di Rimani Lighting Creative Technology, mentre AXA ART ha interamente coperto i costi assicurativi; la casa editrice Forma Edizioni ha offerto la sua esperienza per la realizzazione del progetto grafico per la comunicazione dell’evento, mentre l’azienda Tuscan Excelsia ha gentilmente offerto il servizio di catering per la preview dell’opera che si è tenuta ieri sera.
In serata, infine, a partire dalle 18, grazie al contributo della Silfi spa sarà illuminata di arancione la statua di Giambologna il ‘Ratto delle sabine’. Questo evento nasce su proposta di UN Women, Comitato Nazionale Italia per celebrare la Giornata del 25 novembre. La città infatti aderisce e promuove anche la campagna internazionale ‘UNiTE to End Violence Against Women’ promossa dagli organi delle Nazioni Unite e sempre venerdì.

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