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A Firenze la mostra ‘Sopravvissuti. Ritratti, memorie voci’

Una mostra per guardare negli occhi quanti furono rinchiusi nei lager nazisti. Dall’8 al 10 marzo la Galleria degli Uffizi ospita l’esposizione ‘Sopravvisuti. Ritratti, memorie e voci’ del fotografo torinese Simone Gosso che, in quaranta immagini di luoghi e volti di superstiti dei campi di lavoro e di sterminio incontrati fra il 1998 e il 200, rappresenta non solo una ricerca artistica ma anche un viaggio nella memoria delle cose, dei luoghi e delle storie di persone diventate vittime di una grande tragedia collettiva. A presentare l’iniziativa, organizzata da Aned e Galleria degli Uffizi, sono stati, questa mattina, la vicesindaca Cristina Giachi, il direttore degli Uffizi Eike Schmidt, Laura Piccioli di Aned (l’Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti) e il presidente del consiglio regionale Euegnio Giani.
Gli scatti del fotografo piemontese sono singoli ritratti che si armonizzano tra loro trasformandosi in un coro più ampio che racconta uno spaccato della storia della deportazione e, allo stesso tempo, la composita fisionomia dei singoli deportati: uomini e donne ebrei, partigiani, antifascisti, persone prese a caso nei rastrellamenti o durante scioperi e manifestazioni con le loro storie particolari e i loro sentimenti contraddittori e umani – dolore, resistenza, incredulità, rassegnazione, forza, vulnerabilità. Una pluralità di testimonianze, quelle degli intellettuali al pari di quelle di molti prigionieri anonimi. 
«Anche mio nonno fu rastrellato nei mesi successivi agli scioperi, anche se non so in quale occasione – ha ricordato la vicesindaca Cristina Giachi – sono grata ad Aned per questa mostra: ogni europeo deve custodire come elemento di costruzione della propria cittadinanza la memoria di questi fatti terribili e di tutto ciò che li ha resi possibili, come l’ignavia, la vigliaccheria, l’indifferenza. I deportati per gli scioperi del marzo 1944 furono persino elogiati dal New York Times per la loro capacità di testimonianza civile, ma non lo furono dai tanti italiani che collaborarono con i rastrellamenti».

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